La sorte dei contratti commerciali al tempo del CoVid19: suggerimenti pratici per gli operatori
La recente diffusione del CoVid19 sul territorio nazionale e l’adozione di provvedimenti urgenti per il suo contenimento hanno inciso sulla normale operatività delle imprese italiane in settori vitali per l’economia come il commercio, il turismo, la ricettività, la ristorazione. Per effetto di tali provvedimenti, le imprese potrebbero non essere più in grado di adempiere le obbligazioni contrattuali assunte o, comunque, di farlo entro i termini contrattualmente stabiliti.
Potrebbe anche accadere che siano le stesse parti che dovrebbero ricevere le prestazioni a rifiutarle, non essendo più in grado di utilizzarle o persino invocando una sopravvenuta carenza di interesse legata all’attuale situazione emergenziale.
Al di là dei provvedimenti emanati, l’emergenza CoVid19 può già dirsi di avere effetti sui contratti, perchè come epidemia può configurare a tutti gli effetti una causa di forza maggiore.
E’ pertanto prima di tutto consigliabile al verificarsi di un evento definibile di “forza maggiore”, esaminare il contratto in essere e, in particolare, la definizione in esso prevista. In ogni caso, perché operi la forza maggiore – e dunque una parte non venga considerata inadempiente finché dura la causa di forza maggiore – è necessario che detti eventi abbiano un impatto rilevante sulla possibilità di adempiere di una parte. A tale proposito, le clausole solitamente inserite nei contratti quasi sempre indicano che l’evento esterno debba rendere impossibile (in tutto o in parte) la prestazione; altre clausole riconoscono invece la possibilità della parte di invocare la forza maggiore anche quando la prestazione diventi eccessivamente onerosa.
E’ inoltre necessario distinguere fra i concetti di “impossibilità definitiva” e di “impossibilità temporanea” così come previsto dall’art. 1256 Codice Civile. Nel primo caso (“impossibilità definitiva”) l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Quanto invece al secondo (“impossibilità temporanea”) il debitore, finchè essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento, tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione alla natura dell’oggetto, il debitore non può essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.
Pertanto, in caso di impossibilità ad eseguire una prestazione il rapporto entra in uno stato di sospensione che può risolversi o con la cessazione dello stato di emergenza e in tal caso il persistere della mancata prestazione diviene imputabile e si realizza un inadempimento contrattuale o con l’impossibilità definitiva con conseguente scioglimento del vincolo contrattuale ex artt. 1256 e 1463 c.c..
Il contratto potrebbe quindi essere risolto anche quando la prestazione è in astratto ancora eseguibile, ma sia venuta meno la possibilità che essa realizzi lo scopo perseguito dalla parti con la stipulazione del contratto e quindi la causa concreta dello stesso.
Va valutato anche il concetto di eccessiva onerosità sopravvenuta disciplinato dall’art. 1467 laddove la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari o imprevedibili. In tal caso la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto.
La situazione “da CoVid19” non ha un’incidenza univoca sull’esecuzione dei contratti: talvolta, l’impedimento appare solo temporaneo; in altri casi, la prestazione non è del tutto impossibile, ma solo più onerosa o difficoltosa. Pertanto occorre verificare la situazione di forza maggiore che interessa in concreto l’impresa, tenendo conto della definizione di essa contenuta nel contratto o prevista dalla legge applicabile (se il contratto è “internazionale”) e le effettive necessità aziendali.
Una volta accertata la reale sussistenza di una causa di forza maggiore (carattere oggettivo, straordinario ed imprevedibile, come l’epidemia di Coronavirus), alla luce del quadro giuridico si potrà alternativamente chiedere la sospensione del contratto, la risoluzione del contratto o la rinegoziazione del contratto chiedendo una modifica di alcuni elementi del contratto tra i quali i tempi di consegna o dei prezzi.
SUGGERIMENTI PRATICI PER GLI OPERATORI:
E’ complesso stabilire a priori delle regole comportamentali. In estrema sintesi, sottolineando la necessità di effettuare comunque una verifica da caso a caso, si possono indicare i seguenti suggerimenti pratici:
- verificare anzitutto il contenuto del contratto (di fornitura, distribuzione o altro) per accertare se e come è regolato l’aspetto della forza maggiore (e quale sia la legge applicabile in caso di contratti internazionali);
- valutare qual è la situazione che interessa l’Azienda alla luce del caso concreto, della prevedibile o meno durata dell’evento di forza maggiore, della tipologia di beni oggetto della prestazione. In particolare dovrà essere valutato se l’azienda ha interesse a ricevere comunque la prestazione e quindi individuare un periodo temporale (alcuni giorni/settimane/mesi) nel quale manterrà interesse a riceverla. Ad esempio la situazione sarà diversa a seconda che si tratti di prodotti legati ad una stagionalità (es. abbigliamento) o meno;
- comunicare tempestivamente alla controparte per iscritto la sussistenza dell’evento – con un mezzo che assicuri la ricezione (vanno bene le PEC e le raccomandate a/r anticipate via e-mail, magari seguite da una telefonata di cortesia) – che impedisce la regolare esecuzione della prestazione contrattuale (es. l’impossibilità di ricevere la merce stante la chiusura forzata dell’attività). In tal modo la controparte potrà adottare misure per mitigare rischi e danni causati dall’evento. All’interno di tale comunicazione, dopo aver effettuato le opportune valutazioni legali che potranno sostenere la richiesta alla luce del caso concreto, si potrà richiedere una sospensione, una risoluzione oppure una rinegoziazione del contratto.
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